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Valle d’Aosta - La risposta é nel passato

“ Les peuples qui ont renoncé a leurs souvenirs sont près de leur déchéance ”

Questa frase dello scrittore francese François de La Rochefoucauld è l’apertura del Saggio sulle viti e sui vini della Valle d’Aosta, scritto nel 1836 dal canavesano Lorenzo Francesco Gatta e restaurato e approfondito nel 2014 da parte del valdostano Rudy Sandi.

Sono parole, quelle del filosofo Francese, che suonano come sentenza e come monito per tutti i popoli che, come si sa, tendono a dimenticare le loro origini. Sarà forse nella natura dell’uomo quella di non cercare nel passato le risposte affidandosi invece alle chimere di un falso progresso, fatto sta che nelle lacune delle nostre conoscenze storiche troviamo spesso la causa degli errori in cui quotidianamente inciampiamo.Il vero sviluppo dell’uomo sta nell’apprendere che la vera fonte di crescita sta proprio nello scambio culturale.

Perché questo scambio culturale avvenga, bisogna però preservare e portare avanti le entità dei vari popoli, e quando mi riferisco ad essi intendo, anche e soprattutto, a quelle piccole etnie fatte di tradizioni, usi, costumi, lingue che caratterizzano ogni singola micro zona della nostra penisola. Viviamo in Europa, che per certi versi si puòconsiderare la culla della civiltà moderna e del progresso; ma progresso rima benissimo con decesso e siamo dunque i primi ad essere soggetti alla globalizzazione, verso la quale questo sviluppo tende a condurci: un mondo piatto, senza anime e animi, ovvero la morte cerebrale dei paesi.

Questo è lo spirito che anima la mia penna mentre scrivo, ovvero il tentativo di perpetuare questo patrimonio culturale nelle prossime generazioni e lo farò occupandomi del vino, perché, come il Gatta sottolinea “Io, cui povertà di mente e difetto d'ozio mi vietano d'entrare in più vasto campo, mi limito a trattar d'un solo arbusto: la vite”. Partendo dunque da questo arbusto e dalla sua prima apparizione nella nostra regione, affronteremo un viaggio nel cuore della cultura e della viticoltura valdostana, andando ad analizzarne le origini, i fasti, i vitigni coltivati e come questo tipo di agricoltura veniva percepita da parte dei valdostani.

In questo viaggio ci renderemo ben presto conto di come la viticoltura valdostana non sia frutto della ripresa delle campagne iniziata verso la metà del secolo scorso, bensì fosse la principale fonte economica dell’intera regione. Lo stesso vale per la qualità dei vini prodotti e per le varietà coltivate: vini come il Muscat e il Clairet erano tra le eccellenze della valle e venivano commercializzati con le vicine Francia e Svizzera con prezzi di molto superiori ai grandi vini di Borgogna, già rinomati all’epoca.


Poco si sa nel mondo della Valle d’Aosta e ancor meno dei suoi vini. Il rinato movimento viticolo presente in questo momento sta riportando la nostra regione tra le realtà viticole italiane e, nonostante questo, ancora poco si sa su di noi e sulla nostra storia. Il mio è un tentativo di dare un volto a questa nostra viticoltura, attribuendone significato e una matrice di tipo culturale, che è l’essenza di tutti i grandi vini. Una sorta di serie a puntate della quale questo testo è la premessa e in cui in ogni articolo andremo ad approfondire una tematica diversa.

Sarà scritto da un contadino, da un vigneron, ma soprattutto da un valdostano. Grazie alle opere di Giulio Moriondo (in particolare Vina Excellentia) e Rudy Sandi, il quale ringrazio personalmente per il sostegno in questo progetto e per lo sprono che con le sue opere e azioni ogni giorno da a tutti i viticoltori valdostani.

Termino ogni scritto con la speranza che possa arrivare alle mie generazioni future. Scrivo perché questa azienda è nata con un ideologia chiara e con fondamenta forti. Che tutto questo possa arrivare a loro, per non farli mai vacillare e per ricordargli sempre il sogno che questa nostra cantina porta con sè.

Preparate i bagagli allora, si parte in Valle d’Aosta.

Nicolas Ottin

Fraz. Porossan Neyves, 209 - 11100 Aosta - Italy
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